L’intervista mai pubblicata
12 ottobre 2024
All’inizio di aprile 2023 una gentile lettrice russa mi scrisse dichiarandomi la sua stima e informandomi che un importante giornale di Mosca mi avrebbe contattato tramite una sua collaboratrice, per chiedermi di rilasciare un’intervista sul mio lavoro e sulla situazione interazionale, a poco più di due anni dall’inizio della guerra tra Russia e Ucraina.
Si trattava del quotidiano Moskovsky Komsomolets, che vanta una tiratura di quasi un milione di copie. La giornalista che mi avrebbe contattato per conto della redazione sarebbe stata Svetlana Krupnik.
Qualche giorno dopo, la mia affezionata lettrice mi contattò nuovamente, dandomi la conferma. Le domande a cui avrei dovuto rispondere erano state elaborate. Necessitavano ancora dell’approvazione del capo redattore (che credo sia ancora il noto Pavel Gusev, confidente di Putin) e poi mi sarebbero state inviate.
Il 25 aprile, dodici domande rigorosamente scritte in caratteri cirillici mi arrivavano via mail.
Dopo averle tradotte, mi accinsi a rispondere e a rispedire tutto al mittente.
Per qualche tempo non accadde più nulla. Tutto improvvisamente tacque. Dopo la metà di maggio, a sorpresa, mi giunsero altre domande a cui rispondere. Lo feci di nuovo. Ma a fine maggio, da Mosca, venni informato dell’esistenza di “qualche problema”. In pratica, la redazione del Moskovsky Komsomolets si trovava in serio imbarazzo. Molti di loro, mi venne spiegato, avevano case in Italia, e temevano che la pubblicazione dell’intervista avrebbe potuto portare a sequestri delle loro proprietà.
La cosa mi sembrò a dir poco raccapricciante. Qui non si trattava “soltanto” della requisizione di yacht a ricconi russi, ma di autentico bavaglio alla libertà di espressione. Di un giornalista, per giunta!
Il primo giugno 2023 inviai quindi una raccomandata via pec al Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, a cui appartengo. Riporto di seguito il testo della mia missiva:
Spett.le Consiglio Nazionale OdG, ill.mo Presidente dott. Carlo Bortoli,
la presente per informarVi che mi risulta si stia verificando, in maniera drammaticamente crescente, l’incresciosa circostanza in virtù della quale autorevoli riviste e periodici russi, anche di grande tiratura, evitino di pubblicare interviste a intellettuali o colleghi italiani che, come il sottoscritto, non si trovano in linea con le motivazioni e con le narrazioni diffuse sui media del nostro Paese a proposito del conflitto in atto tra Russia e Ucraina, per non rischiar di vedersi requisite dal nostro Governo le proprietà dei loro giornalisti sul territorio italiano.
Reputando a dir poco scandalosa questa situazione - tanto più in relazione a una Nazione che, come la nostra, va fiera di considerarsi una “grande Democrazia”, e confidando nell’impegno che questo Ordine si vanta di profondere nei confronti di quella tanto lodata Libertà di Stampa prevista dall’art. 21 della nostra Costituzione e di quella altrettanto decantata Libertà di Informazione citata all’art. 2 della Legge 69/1963, per non parlare degli innumerevoli moniti pubblici delle istituzioni, come quello recentissimo del Presidente della Repubblica che, in occasione del centenario di Don Milani ha esortato a non “mettere mai a tacere qualcuno” - sono certo che vorrete approfondire e intervenire in tutte le sedi opportune in ordine a questa gravissima situazione, dichiarandomi per altro disponibile a una Vs. convocazione al fine di comunicare i dettagli di cui sono a conoscenza.
Distinti saluti, Pietro Ratto
Dodici giorni dopo, arrivò la risposta del Consiglio Nazionale:
Egregio signor Ratto, con riferimento alla pec in oggetto si rappresenta che, ai sensi della L. 69/1963 non è contemplata tra le attribuzioni del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti l’emissione di pareri preventivi. Il Consiglio Nazionale - e, in materia disciplinare, il Consiglio di Disciplina nazionale - è organo di seconda istanza, che può esaminare casi specifici solo a seguito di ricorso presentato dall’interessato avverso il provvedimento adottato dal competente Consiglio Regionale dell’Ordine (in materia disciplinare il Consiglio di Disciplina Territoriale), cui si invita a rivolgersi.
Distinti Saluti,
la Consigliera segretaria Paola Spadari
In pratica, la solita arma della burocrazia veniva adottata per aggirare un problema serio, da prendere in considerazione a livello generale e non, come mi si consigliava, soltanto su denuncia del diretto interessato. Giacché, che tutela avrei mai potuto ottenere dall’Ordine a cui appartengo, in merito a una questione che coinvolgeva un periodico straniero e che tirava in ballo ricatti di politica internazionale?
Pian piano, i contorni dell’intera questione sfumarono. Quell’intervista non vide mai la luce. E la mia lettrice non poté che farsi da parte, nel più sofferto e increscioso imbarazzo.
Oggi, però, ho deciso di pubblicarla; in un momento in cui l’isolamento in cui vivo si è fatto più pesante che mai, e a tutto ciò che mi riguarda - i miei studi, le mie ricerche, le mie pubblicazioni, ecc. - sempre più di frequente mi tocca badare da solo.
L’intervista mai pubblicata? Questa:
1. Pietro, i cambiamenti globali di oggi hanno messo in gioco la vita di molte persone, dai funzionari governativi, ai politici, alle semplici casalinghe. Quali processi stanno avvenendo oggi in Italia?
La situazione è molto complessa. In Italia, sulla carta, siamo in democrazia. In pratica, però, dilaga il tacito e prudente atteggiamento consistente nel non esporsi, nel non criticare mai il Governo più di tanto, nel non mostrar dubbi nei confronti della narrativa ufficiale. La pandemia ha creato una profonda spaccatura tra i molti che non si sono fatti domande e hanno accettato - più o meno passivamente - spiegazioni e regole calate dall’alto, e i pochi che invece continuano a informarsi e a voler capire. Coloro, cioè, che negli ultimi tre anni hanno dubitato di restrizioni spesso immotivate o incoerenti e di “soluzioni” farmaceutiche rivelatesi ben poco efficaci se non a far impennare le azioni dei colossi che le hanno messe in commercio.
A ciò si è sommata, da ormai 14 mesi, l’apprensione per una guerra come quella combattuta in Ucraina, che vede la stragrande maggioranza degli italiani schierata acriticamente dalla parte di Zelensky, a causa della forte propaganda anti-russa diffusa in un Paese NATO come il nostro.
2. Cosa preoccupa l’italiano comune oggi?
La gente, qui, teme di perdere i propri risparmi, il lavoro, la casa. E pensa di evitarlo mantenendosi strettamente allineata con le disposizioni e le notizie che i vari Governi che si sono avvicendati in Italia hanno diffuso. Moltissimi sperano soltanto che la situazione torni al periodo pre-Covid, senza comprendere che tutto ciò che è accaduto in questi ultimi anni costituisce soltanto l’accelerazione di un processo di graduale sottrazione di diritti e di libertà innescato da decenni.
3. Nella situazione attuale, chi esercita il pensiero critico è più informato. Ci sono molti italiani che lo fanno? La gente si fida dei media locali?
Come dicevo, in Italia il senso critico è ben poco diffuso. Ben pochi nutrono dubbi su qualcosa. Né i tanti che si fidano dell’informazione ufficiale, né i pochi che hanno scelto di dipendere dalla cosiddetta contro-informazione. La gente ha bisogno di un capo a cui affidarsi. Una guida da seguire. Non è disposta a prendersi le proprie responsabilità e pensare con la propria testa. Spesso, chi si allontana dalla propaganda dei media ufficiali dando della “pecora” a chi non lo fa, si allinea poi semplicemente a un nuovo gregge seguendo passivamente un nuovo pastore. Siamo in una società di uomini e donne rimasti sostanzialmente bambini, bisognosi delle cure e delle protezioni di un “genitore” a cui delegare responsabilità e decisioni. Milioni e milioni di individui costantemente e volontariamente assoggettati a quello “stato di minorità” di cui Kant parla nella sua “Risposta alla domanda: che cos’è l’Illuminismo” del 1784.
4. Ovviamente, in Italia vivono russi e ci sono anche rifugiati dall'Ucraina. Qual è l’atteggiamento della popolazione locale nei loro confronti? Con quali particolarità?
In questo momento gli ucraini in Italia vengono vezzeggiati e coccolati. Molte sono le iniziative di solidarietà indette nei loro confronti. Nonostante le recenti parole del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la cultura russa viene invece osteggiata da più parti. Si tratta di quella odiosa “cancel culture” tipica degli ignoranti che fanno di tutta l’erba un fascio e non sanno più cogliere le sfumature e le diverse responsabilità.
Complice di tutto questo sfacelo, una scuola pubblica indottrinante e aziendalizzata, che insegna ai giovani ad imparare passivamente, senza porsi problemi e senza ragionarci su. Una scuola che soffoca la curiosità e insegna ad allinearsi al potere e a badare ognuno ai fatti propri, perseguendo la mera convenienza materiale e sacrificando le proprie inclinazioni e il proprio personale talento alla cosiddetta “sicurezza” economica, astenendosi da qualsiasi impegno politico diretto.
5. L’Italia sulla mappa - "lo stivale" - è un piccolo paese (rispetto, ad esempio, alla Russia). Dipende quindi dall’influenza delle "potenze" del mondo. Chi detta le condizioni all'Italia? Quali regole è obbligato a rispettare il governo italiano?
È evidente che il nostro Paese - fino all’estate del 1943 ritenuto “Il ventre molle dell’asse” e dunque ormai candidato a venir spartito tra gli Alleati - abbia pagato a carissimo prezzo il suo frettoloso passaggio dal carro dei vinti a quello dei vincitori per poter salvare la propria sovranità.
Dal trattato di Cassibile (in merito a cui il 9 settembre il Times commentava: “l’Italia paga in vergogna il prezzo dell’arroganza dei suoi ultimi padroni”), la nostra nazione è diventata dunque una dependance degli Stati Uniti d’America, i cui diktat vengono eseguiti scrupolosamente, passo dopo passo. La stessa Strategia della tensione, che tante vittime ha causato nei cosiddetti Anni di Piombo, non può esser compresa appieno senza tirare in ballo l’acredine statunitense nei confronti di un progressivo e pericoloso spostamento a sinistra dell’elettorato italiano di quegli anni. Per esempio, in un libro che si intitola “L’Honda anomala” ho affrontato meticolosamente il diretto coinvolgimento nella Strage di via Fani di strutture paramilitari controllate dalla CIA come Gladio. Dimostrando così come la vera causa scatenante della cattura e della morte dello statista Aldo Moro sia stata la sua forte determinazione a non assoggettarsi alle ingerenze degli Stati Uniti e di “club privati” come quello della Trilateral di Rockefeller.
6. Lei è una persona poliedrica: Professore di Storia, Filosofia, Psicologia, ma anche giornalista e scrittore. Perché è interessato al tema delle famiglie potenti: Rothschild, Rockefeller, Warburg?
Ritengo sia importante integrare lo studio della Storia con la ricerca delle leve di tipo economico-finanziario in virtù delle quali essa si è via via sviluppata. Soprattutto negli ultimi secoli. Non tenere in seria considerazione gli interessi dei grandi banchieri - che, di fatto, per lo meno negli ultimi secoli l’hanno determinato - significa non comprendere nulla di quanto si sia davvero verificato nel nostro passato.
Libri come “I Rothschild e gli Altri” (2015), “Rockefeller e Warburg” (2019) e il recentissimo “I Rothschild in Italia” (2022) evidenziano in maniera netta e chiara come tutto ciò che è accaduto per lo meno dalla fine del XVIII secolo ad oggi in Europa e non solo, sia stato massicciamente condizionato dalla volontà di potere di poche grandi dinastie di banchieri e imprenditori. Il primo libro di questa trilogia dimostra addirittura come molti rampolli delle famiglie aristocratiche regnanti in Europa siano riusciti a riciclarsi in manager di successo, spostandosi soprattutto nel Nord America e ricostruendo il loro antico potere - sempre più corroso dalla prorompente ascesa della Borghesia - sotto la nuova, inedita veste di un’aristocrazia finanziaria.
Una parte cospicua di questo mio lavoro si è anche concentrata sui meccanismi lobbistici con cui queste famiglie hanno influito, e influiscono oggi ancor di più, sulle politiche nazionali e internazionali. Libri come “Lobbying”, “L’Industria della Vaccinazione”, “Da Berlino a Kabul, la lunga scia di sangue dell’11 settembre” o “L’Industria della Vaccinazione”, per intenderci.
Per non parlare dell’ultimo, in uscita in questi giorni, in merito al cui argomento preferisco ancora mantenere uno stretto e prudente riserbo.
7. Come spiega la popolarità dei suoi libri? Come li percepisce chi sta al potere?
I miei libri sono apprezzati da coloro che cercano spiegazioni alternative e più convincenti nei confronti del presente che vivono. Da uomini e donne che non si accontentano del “copia e incolla” dei manuali di Storia che si studiano a scuola e nelle università. Ma si tratta pur sempre di una minoranza di persone. I più si rifiutano di leggere un mio libro già solo se ci trovano scritta la parola “Rothschild”, temendo si tratti di semplice complottismo. Io dedico gran parte del mio tempo alla ricerca delle fonti proprio per documentare ogni passaggio dei miei studi, ma la gran parte della gente se ne tiene lontana per non dover sentirsi costretta a cambiare idea. Anche questo è il risultato di una “formazione” acritica e indolente operata in tutti gli individui dall’istruzione pubblica.
Quanto a chi sta al potere, i miei libri vengono letteralmente ignorati. La migliore forma di censura, oggi, consiste nel non parlare in alcun modo dei lavori di chi muove obiezioni al Sistema. Tanto più se lo fa in maniera documentata e seria. Nessuno dei media ufficiali ha mai dedicato una sola riga ai miei libri. Anche quando finiscono letteralmente in cima alle classifiche di Amazon.
8. I suoi libri sono molto richiesti. Perché non sono stati tradotti in russo fino ad ora?
Io non riesco a capirne il motivo. Probabilmente i miei editori non hanno appoggi in Russia e non saprebbero come distribuire i miei libri nel vostro Paese. Ma sono convinto che temi come quelli che tratto potrebbero rivelarsi di grande interesse per il popolo russo.
9. Lei amministra un sito web dal 2010. Qual era la sua intenzione quando lo ha creato?
La mia intenzione, quando ho aperto incontrostoria.it era la stessa di oggi. Investigare la Storia ufficiale facendo emergere gli aspetti non chiari, quelli che “non convincono”. In un clima di dialogo tra studiosi “non allineati”.
Come ho spesso raccontato, l’idea era partita da un’osservazione rivoltami in classe da un alunno, ai tempi in cui ancora insegnavo al Liceo, prima che mi licenziassi per non sentirmi più complice della degenerazione della scuola pubblica. Quel ragazzo mi chiese come era possibile che un “morto di fame” come Cristoforo Colombo, secondo la Storia ufficiale figlio di poveri lanai, fosse riuscito a farsi ricevere dal re del Portogallo e dai monarchi di Spagna. “Mio padre non riesce nemmeno a parlare col sindaco del mio paese!”, mi disse. Da lì iniziai a capire che bisognava fare qualcosa.
10. Incontra difficoltà oggi? Di che tipo?
Sì, per me è un momento difficile. Soprattutto dal punto di vista economico.
I miei lettori sono in gran parte quelle stesse persone che sono state sospese dal lavoro per aver fatto scelte non in linea con quelle del Governo di Roma. La crisi economica derivante dalla pandemia e dalla successiva guerra in Ucraina ha aggravato la già endemica crisi del settore editoriale. Un settore non certo incentivato da una scuola che insegna ai nostri bambini a trascorrere il loro tempo su internet invece che a legger libri.
Se poi si considera che il sottoscritto è considerato a tutti gli effetti uno scrittore “dissidente”, il quadro è completo. I miei libri vengono costantemente boicottati e passati sotto silenzio.
Credo sia il prezzo dell’indipendenza e della libertà che ho scelto di vivere ogni giorno.
11. Ha pubblicato un libro sulla vaccinazione. Cosa l’ha spinto a scriverlo?
Nell’aprile 2019 visitai a Ginevra un centro di disintossicazione da disturbi legati all’assunzione di mercurio, alluminio e altre sostanze tossiche, presenti soprattutto nei vaccini. La signora che lo dirige, mia affezionata lettrice, mi suggerì di occuparmi delle multinazionali farmaceutiche che commercializzano i principali vaccini, per capire se appartengano alle solite famiglie di cui mi ero occupato nei miei libri.
Dopo qualche mese di esitazione ho cominciato a ricostruire genealogie e fatti legati all’evoluzione di queste industrie, dal Cinquecento ad oggi. Dopotutto, l’ennesima integrazione di cui la Storia ufficiale, a mio avviso, ha bisogno.
Il risultato è stato “L’Industria della Vaccinazione. Storia e contro-Storia”, libro di cui, naturalmente, i media si sono rifiutati di parlare, nonostante non prenda in alcun modo posizione rispetto alla scelta di vaccinarsi o meno. Il libro è stato da me chiuso il 24 febbraio 2020, quando in Italia ancora nemmeno si immaginava il calvario che avremmo vissuto a causa del Covid 19. Non so se sia un caso: in quel giorno cadeva esattamente il decimo anniversario della morte di mia madre.
L’ho sempre considerato un mio tributo per lei.
12. Per me il periodo Covid in relazione all'Italia è associato a un gran numero di malati e all'arrivo di medici dalla Russia che hanno fornito assistenza. Oggi si ritiene che gli italiani abbiano tradito la nostra amicizia: stanno fornendo armi all'Ucraina. Sono stati costretti?
Si tratta certamente di una circostanza vergognosa. La “cancel culture” operata nei vostri confronti all’interno del mio Paese, per non parlare dell’invio di armi a una nazione che, sebbene controllata dagli Stati Uniti, non fa nemmeno parte della NATO, è a dir poco imbarazzante. Nessun giornalista ufficiale, qui, osa ricordare il Protocollo di Minsk del 2014 o gli accordi “Due più Quattro” del 13 febbraio 1990, stipulati tra il segretario di Stato americano Baker e il ministro degli Esteri Shevardnadze in seguito a una telefonata di quest’ultimo a Gorbaciov, nel corso della Conferenza di Ottawa Open Skies. Ne ho parlato in un mio articolo comparso il 27 febbraio 2022, a una settimana dall’inizio della guerra, sul mio sito Boscoceduo.it
Ancor più imbarazzante constatare che tutta questa campagna di solidarietà nei confronti delle vittime ucraine dell’attuale guerra non si è minimamente verificata, in passato, a favore di quelle in Afghanistan o in Iraq. E che il solo giornalista che ha coraggiosamente denunciato i crimini dei soldati americani ai danni dei civili in quelle zone è da anni costretto a marcire, in regime di isolamento, nel carcere di Belmarsh.
Ecco, credo che tutto il male che oggi la nostra società sta - più o meno inconsapevolmente - subendo, possa tragicamente venir sintetizzato e riassunto nell’orribile calvario di un uomo chiamato Julian Assange.
13. So che lei ha approfondito il tema dell'assassinio di Aldo Moro. In che modo questo politico ha impedito l'ingerenza degli Stati Uniti negli affari italiani?
In un mio saggio d'inchiesta particolarmente scomodo, intitolato “L'Honda anomala” - in cui ripercorro nei dettagli un'indagine di un ispettore della Digos di Torino talmente inquietante da esser stata completamente accantonata dalla magistratura italiana - emerge un riferimento alla Trilateral di David Rockefeller, che Aldo Moro ripetutamente cita nei suoi memoriali lamentandosi dell'ingerenza degli Stati Uniti e di alcuni “club privati” nella politica e nell'economia del nostro Paese. Moro aveva tentato di slegarsi dal crescente controllo della nostra finanza pubblica da parte delle grandi banche private coniando, come è noto, cartamoneta di Stato da 500 lire per oltre 9 miliardi di valuta, mediante i DPR 20-06-1966, DPR 20-10-1967 e DPR 14-02-1974. Questo non piacque assolutamente alle grandi banche d'investimento d'oltreoceano. Ecco: io credo che il principale motivo della morte di Aldo Moro sia stato questo suo essersi messo di traverso nei confronti della fortissima influenza esercitata dagli USA sul nostro Paese, tanto più in una fase storica in cui l'Italia, sulla scorta del terremoto politico e culturale costituito dal Sessantotto, stava vivendo un grande spostamento a sinistra del suo elettorato, costituendo così per gli Stati Uniti una concreta minaccia di avvicinamento al blocco sovietico.
14. In che modo i rappresentanti delle famiglie dei Rothschild, dei Rockefeller, ecc. determinano la politica dell'Italia?
Nel mio boicottato “I Rothschild in Italia” (2022) dimostro in maniera molto documentata come questi banchieri, soprattutto nella persona di Carl Rothschild, abbiano determinato in maniera capillare la formazione del Regno d'Italia in tutta la fase risorgimentale che interessò i vari Stati in cui la nostra Penisola era suddivisa. E cioè dall'inizio degli anni venti del XIX secolo fino al 1861. La loro influenza, però, non si limita alla sola penisola italica, ma si estende all’intero Continente europeo grazie al progressivo controllo che Casa Rothschild riesce a stabilire nei confronti delle finanze asburgiche, servendosi dell'autorità che, a livello internazionale, esercitava l’importante statista austriaco von Metternich.
Quanto ai Rockefeller, la loro area di influenza è, storicamente, soprattutto quella statunitense. Ma queste distinzioni tra le singole gestioni della finanza da parte di queste grandi dinastie di banchieri sono ormai state superate da un sostanziale accordo di non belligeranza stipulato tra di esse dall'inizio degli anni Settanta del Novecento, in base al principio di John Davison Rockefeller jr. - e poi del figlio David - secondo cui “Il vero peccato è la concorrenza”. Ne parlo dettagliatamente nel mio “Rockefeller e Warburg”, uscito nel 2019. In pratica, dal 1973 in avanti, tutte le grandi famiglie di banchieri si sono messe d'accordo per “spartirsi la torta” dei grandi gruppi e colossi economico-finanziari multinazionali, senza più “pestarsi i piedi”.
15. Lei documenta sempre ogni sua affermazione. Ha accesso agli archivi?
Diciamo che conosco i trucchi per accedere a documenti molto difficili da reperire in rete. I grandi motori di ricerca non sono stati studiati per aiutare a trovare, bensì per non permettere a chi ricerca qualcosa di reperirla. Bisogna seguire altre strade. E io, a riguardo, ho sviluppato una certa tecnica. Diciamo anche, però, che sempre più dati e documenti stanno sparendo da Internet in virtù di disposizioni alquanto discutibili come quella del Diritto all'Oblio, sancito dal GDPR in vigore in Europa dal maggio 2018. Grazie a questo regolamento molti personaggi sono riusciti a far cancellare dalla rete eventi più o meno inquietanti relativi al loro passato, con la scusa che essi potrebbero costituire un precedente pregiudizievole del loro onore. In questo modo, molti elementi interessanti sono stati inesorabilmente rimossi, in nome della cosiddetta “Privacy".
16. Ci sono ancora italiani interessati agli archivi? Dove si trovano questi archivi?
La maggior parte della popolazione italiana si accontenta dell'informazione ufficiale e non ha alcuna voglia di approfondire o verificare quel che si racconta nei telegiornali o sulle grandi testate nazionali. Di conseguenza tutto scorre in maniera piatta e passiva.
Quanto agli archivi, si tratta di informazioni che in linea generale tengo per me, ma che vengono esplicitate nei singoli casi in cui una certa questione necessita di esser documentata.
17. Perché è stato licenziato da scuola? In che anno è successo? Può dirmi di più?
Io non sono stato licenziato. Nel luglio 2016, dopo anni e anni di lotta contro un sistema di istruzione pubblica via via sempre più degenere, aziendalizzato e diseducativo, ho cominciato a non sopportar più l'idea di farne parte. Mi sono sentito determinato a non voler esserne più in alcun modo complice e ho iniziato a prendere aspettativa, rinunciando allo stipendio. Il 28 agosto 2020 ho definitivamente rassegnato le mie dimissioni. Questa decisione è nata dalla consapevolezza che probabilmente l'esempio più educativo che avrei potuto dare ai miei studenti, dopo 25 anni di insegnamento, sarebbe stato quello di licenziarmi. Insegnando loro che di fronte ai compromessi è necessario aver la dignità e il coraggio di tirarsi indietro e di combatterli.
18. Ci dicono che ogni italiano ha una specie di carta d'identità con un numero. Tessera con codice personale. Questo codice appartiene alla NATO. Cosa significa?
Purtroppo questa è un'iniziativa del Ministero dell'Interno sancita attraverso il Decreto del 3 marzo 2023 art. 62 comma 3, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 91 il 18 aprile scorso. In virtù di questo decreto ogni cittadino italiano è codificato da un numero identificativo univoco (ID ANPR) “per garantire la circolarità dei dati anagrafici e l'interoperabilità con le banche dati degli altri Ministeri, delle pubbliche amministrazioni e dei gestori dei servizi pubblici".
Naturalmente, “per la nostra sicurezza”.
19. Ha sentito che in Italia le persone che interferiscono con le autorità a volte muoiono in circostanze strane? Che ne sa a riguardo? Può fare degli esempi?
Di esempi ce ne sono a bizzeffe. Basti solo ricordare giornalisti come Ilaria Alpi, Miran Hrovatin, Maria Grazia Cutuli, Andrea Rocchelli… Credo che per altro non sia un fenomeno ascrivibile alla sola Italia, purtroppo. Ma sono convinto che ci siano prassi altrettanto violente, come quella consistente nell'arrecare discredito nei confronti di chi osa dissentire. Poi c'è la censura esercitata dai social, che nessuno contrasta perché si tratta di spazi privati all'interno dei quali si dà per scontato che i relativi gestori possano fare quel che vogliono! Come se io potessi picchiare una persona soltanto perché si trova a casa mia.
Detto questo, la mia situazione è difficile. I miei spazi social sono limitati e soggetti a restrizioni da più di un anno e mezzo. Attualmente non riesco a raggiungere addirittura il 95% degli iscritti; di conseguenza non sono più in grado di far sapere a chi mi segue se e quando esce un mio nuovo libro o dove vado a tenere conferenze. In Italia, se non parlo io del mio lavoro quasi nessun altro lo fa. Di conseguenza, le vendite delle mie pubblicazioni continuano a calare e molte conferenze saltano. Il 20 maggio scorso sono stato invitato a parlare dell’Istruzione pubblica da alcuni studenti di un liceo del nord Italia, e l’Ufficio Scolastico territoriale ha fatto di tutto per annullare e boicottare l’incontro. Vietando ogni registrazione dell’evento e proibendomi di presentare il mio ultimo libro, “Il milite ignaro”: un’inchiesta piuttosto scottante sui terribili danni, spesso anche letali, riportati dai soldati italiani (ma anche statunitensi), in seguito all’assunzione di dosi multiple di vaccino. Un libro che tira fuori anche molte informazioni sui conflitti d’interesse dei vertici della Casa Bianca a proposito, per esempio, della commercializzazione del vaccino contro l’antrace da parte di una multinazionale al centro di continui e fortissimi finanziamenti del Pentagono.
Bene, di quel libro non ho potuto parlare.
E proprio mentre sto rispondendo a queste domande vengo a sapere che Wikipedia ha deciso di cancellare la pagina a me dedicata sulla sua… enciclopedia “libera”!
20. Ci è stato inviato un video di una sua conferenza, ma non riusciamo a tradurre. Di cosa parlando in quel video? Posso inviarglielo?
Certo, sì
21. C’è qualche giornalista che è stato inviato in Donbass e ha detto la verità sugli eventi di oggi in Ucraina. Conosci questi giornalisti?
Ho citato prima Andrea Rocchelli, ucciso da un colpo di mortaio dall’esercito ucraino il 24 maggio 2014 mentre stava preparando un reportage sulla Guerra nel Donbass.
È singolare che anche quella pagina, dedicata a questo giornalista morto a trent’anni mentre cercava di far luce sulla verità, stia per essere cancellata da Wikipedia italiana più o meno con le stesse motivazioni con cui vogliono cancellare la mia.
22. Le piacerebbe trasferirsi in Russia?
Se i miei libri prendessero il largo nel vostro Paese, senza dubbio ci farei un pensierino. Davvero sento la necessità di vivere in una nazione che sappia apprezzare il mio lavoro e riconoscergli la dignità che io credo meriti.
23. A cosa sta lavorando attualmente?
Uno degli studi a cui mi sto dedicando in questo momento riguarda i collegamenti tra le grandi dinastie regnanti in Europa già dall’alto Medioevo e i loro discendenti che si trovano oggi nei posti chiave dei colossi finanziari internazionali. Una delle mie tesi, infatti, sostiene che alla fine della Prima Rivoluzione inglese la nobiltà britannica, preso atto dell’inarrestabile potere della classe borghese, abbia trovato la soluzione di riciclarsi in una nuova forma di aristocrazia finanziaria, inviando i rampolli dei propri rami cadetti a fondare nuove realtà imprenditoriali nel Nuovo Mondo, rubando la terra ai nativi di quelle zone e costruendo poco per volta i propri giganteschi imperi industriali. È per esempio il caso dei Morgan, sedicenti discendenti di re Artù, sostenitori dei Tudor durante la Guerra delle due Rose e, nel secolo scorso, fondatori di colossi finanziari come J. P. Morgan Chase o Morgan Stanley.
24. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, Giorgia Meloni, ha celebrato con una lettera solenne l'anniversario della Liberazione dall'occupazione nazista e dal fascismo, celebrata nel Paese il 25 aprile. Allo stesso tempo, la lettera del primo ministro si è rivelata non tanto antifascista quanto apertamente antirussa. Nella sua lettera, il primo ministro ha notato la divisione "bipolare" del mondo in autocrazie e democrazie, dichiarando che l'Italia aveva scelto il proprio polo. Come commenterebbe ciò?
Non ho parole. Soprattutto se continuiamo a sostenere che in Italia ci sia effettivamente democrazia.
La libertà di espressione è ridotta all’osso e la censura impera. La libertà di scelta viene vanificata quotidianamente, così com’è accaduto durante la pandemia, quando coloro che hanno deciso di non vaccinarsi sono stati privati del lavoro esattamente come accadeva, novant’anni fa, a chi non aderiva al Partito Fascista. L’Italia è succube dell’ingerenza statunitense da quando è passata dal carro dei vinti a quello dei vincitori l’8 settembre 1943. Il Trattato di Cassibile l’ha vincolata indefinitamente a una totale sudditanza nei confronti degli USA. Che con la scusa dell’esportazione di democrazia hanno aggredito più o meno indirettamente molti Paesi stranieri. Basi pensare all’Iraq e soprattutto all’Afghanistan, la cui invasione, come spiego nel mio libro “Da Berlino a Kabul. La lunga scia di sangue dell’11 settembre” non ebbe altro obiettivo che quello di andare ad occupare quei territori in cui gli americani avevano deciso di far passare un gigantesco oleodotto-gasdotto che il governo talebano, dalla metà degli anni Novanta, si rifiutava di autorizzare a causa della rottura dei rapporti tra Washington e Kabul in seguito agli attentati di al-Qaeda.
Senza contare lo studio che ho condotto, e di cui parlo in una delle mie conferenze rintracciabili sulla mia piattaforma in abbonamento BoscoCeduo Pro, a proposito dei libri scolastici per la scuola elementare fatti stampare in milioni di copie negli Stati Uniti e inviati di nascosto in Afghanistan all’indomani della salita al potere del PDPA, per fomentare l’odio contro i comunisti proprio in quei bambini che negli anni successivi, ideologicamente e militarmente addestrati dagli USA, si sarebbero trasformati in quegli stessi studenti integralisti islamici successivamente demonizzati come spietati terroristi, e temibili nemici dell’Occidente, dopo l’11 settembre.
25. Pietro, lei hai vinto parecchi premi letterari. Quale organizzazione l’ha premiata?
Ho partecipato a svariati Premi letterari negli anni immediatamente precedenti alle mie pubblicazioni più “scottanti”. In quel periodo arrivavo in cima a qualsiasi concorso mi iscrivessi. Poi hanno cominciato a circolare i miei libri sui Rothschild, sui Rockefeller, su Aldo Moro o sui conflitti di interesse dei principali politici italiani.
E non ho più vinto nessun Premio.
26. "Con l'invasione russa dell'Ucraina, la nostra libertà è ancora una volta in concreto pericolo", ha detto la Meloni ai concittadini. Gli italiani ci credono?
Temo di sì. Gli italiani, in una percentuale drammaticamente alta, credono a qualsiasi cosa venga diffusa dall’alto. Uno dei meccanismi più efficaci della propaganda vigente in questo Paese si traduce nel far leva sulla sfera emotiva dell’opinione pubblica. La gente non è abituata a ragionare criticamente. A scuola non lo insegnano. Di conseguenza la si può manipolare alla perfezione influenzandola emotivamente. Un esempio eclatante è stato quello della vaccinazione contro il Covid. La riluttanza dei moltissimi che non si fidavano di un vaccino non adeguatamente sperimentato è stata vinta da un principio, diffuso da tutti gli organi di stampa, secondo cui chi si vaccina lo fa per il bene degli altri. Questo è assolutamente sbagliato, perché la vaccinazione è storicamente nata per tutelare chi si fa inoculare, non per dimostrarsi solidale nei confronti degli altri. Ma tant’è, questa idea ha spinto milioni di persone a sentirsi più buone soltanto assumendo il siero e a disprezzare come criminali egoisti tutti coloro che non lo hanno fatto. La stessa cosa è accaduta per la concezione collettiva dell’Ucraina, passata per il Paese vittima di una immotivata e rapace aggressione da parte di uno spregiudicato dittatore.
27. A metà febbraio, Sevastopolskaya Gazeta ha pubblicato una lettera consegnata dall'italiano Alberto Abatticio in segno di solidarietà ai soldati russi nella zona NVO. “L'impero anglo-americano e la NATO hanno deciso di continuare a fornire armi all'Ucraina. Quest'arma nelle mani dei neofascisti ucraini semina odio e porta morte. Sfortunatamente, in Europa sono saliti al potere politici corrotti che non si preoccupano dei loro cittadini. Rappresentano gli interessi delle élite mondiali. Noi, comuni residenti del Sud Italia, comprendiamo e sappiamo che dalla parte della Russia c'è la verità e tutte le persone oneste della terra!” scrivono in una lettera. Quindi ci sono persone pensanti in Italia…
Non conosco questo signore, ma ritengo comunque scandaloso che il mio Paese si sia schierato a favore di questo fenomeno e abbia direttamente inviato armi all’Ucraina, nonostante la nostra Costituzione affermi con chiarezza che “L’Italia ripudia la Guerra”.
Io sono convinto che questo terribile conflitto debba finire, prima che si trasformi in un disastro senza precedenti e senza rimedio alcuno, e confido nella sensibilità e nel senso di responsabilità spesso dimostrato dal presidente Putin, nella speranza che egli, fatto salvo il diritto della nazione russa a non sentirsi più minacciata da un crescente e aggressivo accerchiamento della NATO, quanto prima si adoperi a favorire un clima di dialogo e di progressiva limitazione delle ostilità. Detto questo, ritengo che l’invio di armi a un Paese belligerante, per giunta responsabile di autentici massacri come quello perpetrato nel Donbass nel 2014, costituisca un atto intollerabile. Il Governo italiano, invece, non ha esitato a farlo. E i nostri giornali si sono ancora una volta inchinati al potere politico arrivando a sostenere - come ha fatto il 14 maggio scorso il quotidiano Repubblica, riprendendo le parole di Zelensky con un titolo degno della migliore neolingua orwelliana - che “Le armi italiane salvano vite”.
Pietro Ratto - BoscoCeduo.it